RICORDI DUN LETTORE AFFEZIONATO

Caro Montepiesi,
ti leggo con estremo piacere perché costituisci per me un prezioso legame con Sarteano che io, nonostante quasi sessanta anni di assenza, non dimentico e non riuscirò a dimenticare. Soprattutto mi susciti ricordi , tanti ricordi belli e anche brutti che mi fanno rivivere uno dei periodi più piacevoli della vita: la giovinezza.
E questi ricordi, che servono anche a far dimenticare momentaneamente gli acciacchi dell’età, uno sente il bisogno di esternarli, di parlarne con qualcuno. Posso farlo con te? Magari qualche volta che ti trovi in difficoltà per riempire una pagina.
So che questa da parte mia è un’invasione di campo quindi ti lascio piena facoltà di decisione e di valutazione. Ma se per caso dovesse farti piacere, qualche antico episodio impresso nella mente ce l’ho e, come questa volta, ogni tanto potrei raccontartelo.
Ti ringrazio e, nel salutare tutti gli amici di Sarteano, ti formulo i miei migliori auguri.
Muzio Celesti

Per i meno giovani è inutile aggiungere qualcosa, ma per i lettori più giovani scriviamo che Muzio è figlio del dottor Carlo Celesti, che è stato il Veterinario di Sarteano per ben 18 anni (ed è scomparso il 6 Dicembre 1972), quando nelle stalle dei nostri poderi abbondavano le bestie vaccine e il veterinario era a disposizione 24 ore su 24 edera una delle personalità del paese, con il parroco, il Maresciallo dei Carabinieri, il medico condotto e il farmacista. Al passaggio del fronte, raccolse i frammenti della ceramica della ‘Madonnina di Corinto’ colpita da una scheggia e, fattala riparare, la fece ricollocare al suo posto; da allora i Celesti sono simasti devoti alla nostra Patrona, tanto che ogni anno il 26 Aprile qualcuno della famiglia viene a venerarla. Gli anni di guerra erano gli anni della giovinezza di Muzio e siamo lieti di pubblicare subito lo scritto del nostro amico, sicuri che piacerà anche a chi non l’ha conosciuto.

LONTANI RICORDI di Muzio Celesti
Tanti anni fa, quando ormai da un po’ di tempo non abitavo più a Sarteano,una volta ebbi bisogno di un certificato penale ma, poiché sono nato a Montepulciano, era a quel Tribunale che dovevo rivolgermi.
Una mattina di buon’ora con un vecchio motorino – per la precisione un Guzzino – partii da Castelnuovo Berardenga alla volta di Montepulciano, dove però mi dissero che fino alle due il documento non sarebbe stato pronto. “E ora che faccio per tutta la mattinata?” dissi tra me, “quasi quasi faccio un salto a trovare gli amici di Sarteano”. E proseguii il viaggio.
Il certificato penale tornai a ritirarlo una settimana dopo.
Sì, perché gli amici mi accolsero con grande entusiasmo e addirittura Nanni Roghi insisté (in verità neppure tanto: non ce n’era bisogno!) per ospitarmi a dormire e a mangiare a casa sua. Fu una settimana stupenda anche se il nostro cuoco era il vecchio nonno Roghi (una volta ci condì cetrioli nella catinella).
Ebbene, una di quelle sere d’estate, verso le undici, eravamo in piazza a parlare del più e del meno. Oltre a me, c’erano Leo Lazzeri, Nanni Roghi e Enzo Galgani. Ad un tratto arrivò Nando Pannicelli, meglio conosciuto come Nando di Pepaiolo, che subito ci disse: “Ragazzi, se mi portate a Roma vi pago la cena”. Era domenica e Nando, che lavorava a Roma, avrebbe dovuto prendere il treno molto presto la mattina dopo. “Ti portiamo noi” disse Enzo Galgani, “però niente scherzi, vogliamo la cena.” “D’accordo” ribadì Nando. E si partì (con Lancia di Enzo - N. di Leo).
L’autostrada ancora non c’era, quindi facemmo la Cassia; ebbene, per tutto il tragitto, a causa dell’ora tarda non trovammo un locale aperto. Arrivammo a Roma a notte fonda: anche lì tutto chiuso. Nando ridacchiava e al momento di scendere ci disse: “Ragazzi, mi dispiace, sarà per un’altra volta”. Al che noi l’afferrammo e gli togliemmo l’orologio. Nando se ne andò tranquillo perché sapeva bene che gli sarebbe stato restituito , anche per il fatto che si trattava di un orologio di valore: era d’oro, come d’oro era anche il cinturino.
“E ora che si fa?” ci domandammo. “Ve lo dico io cosa si fa” rispose Enzo.
E fu così che alle sette di mattina ci ritrovammo tutti e quattro seduti sulle scale del Monte di Pietà in attesa dell’ora di apertura.
Ci fu un’animata discussione con l’impiegato perché, mentre noi chiedevamo 40.000 lire(con 10.000 a testa allora si poteva fare un buon pranzo)lui ce ne volle dare molte di più visto il consistente valore del pegno. Dopodiché Enzo, che conosceva bene Roma, ci portò dall’amico comune Assuero che allora lavorava in un’agenzia di viaggi o cosa simile, e lo pregammo di consegnare a Nando la ricevuta del Monte di Pietà e l’esubero dei soldi.
Finalmente ripartimmo da Roma quando il sole era quasi a perpendicolo. Ci fermammo a Montefiascone dove facemmo un pranzo luculliano. Naturalmente non mancarono i brindisi alla salute di Nando.
Arrivammo a Sarteano a metà pomeriggio: la famiglia Lazzeri era preoccupata, il nonno Roghi pareva impazzito: aveva fatto non so quanti chilometri per cercarci. Insomma fu una bella avventura, a parte la cena in quanto quella sera ‘il cuoco’ era più agitato e più trasandato del solito.
La mattina dopo, a malincuore, rimontai nel mio Guzzino e andai a prendere il certificato penale: meno male che il documento non era urgente.
Bei ricordi! Un solo grande e doloroso rammarico: alcuni protagonisti di questa vicenda non ci sono più.

Ho letto il simpatico scritto di Muzio. Siamo rimasti – e piuttosto “scassati” - solamente noi due (oltre ad Assuero); aggiungo altri particolari:
ad Acquapendente, si fece la prima tappa di ristoro presso un bar di una pompa di benzina.
Giunti a Roma , nonostante le stravaganti girate notturne, alle quattro del mattino provammo a chiedere anche il ristorante della Stazione Termini, ma nulla da fare.
Nando prometteva 5.000 lire cadauno per il pranzo del giorno dopo mentre noi pretendevamo 10.000. a testa.
Nanni non restituì l’orologio e accompagnammo Nando sul posto di lavoro presso un laboratorio di confezioni dei suoceri.
Avendo Nando scordato in auto un pacco contenente dei mutandoni, tornati indietro Muzio gli sventolò la biancheria davanti per poi lanciarglieli.
Andammo poi al Monte di Pietà e, mentre Muzio e io eravamo intimiditi – anche perché fummo avvicinati da un cambiavalute sospetto – Enzo e Nanni entrarono con determinazione: sembravano di casa, lì.
Ci fu dato, come ricorda Muzio, di più di quello che volevamo, L’orologio fu valutato 70.000 lire (regalo della fidanzata!); la prima spesa la facemmo ad un diurno per poi portare la differenza e il biglietto per il recupero dell’orologio impegnato ad Assuero da consegnare a Nando.
Ci fermammo a mangiare a Montefiascone facendo un lauto pasto ma al momento di pagare ci rendemmo conto che avevamo speso oltre il dovuto. Noi tre eravamo senza soldi… !!!
Per fortuna alla fine aprì il portafogli Muzio, l’unico che aveva la riserva strategica e così tornammo a casa.

Leo