SARTEANO DALLA PREISTORIA A OGGI
(a cura di Carlo Bologni e Franco Fabrizi)
(2° puntata)
 

Le prime puntate sono state pubblicate da Montepiesi nel 1984 (Febbraio, pag.8), (Marzo pag.2), (Maggio pag. 12), (Giugno pag.7), (Novembre pag. 5), (Dicembre pag. 7) e nel 1985 (Gennaio pag. 6, (Febbraio pag. 7), (Marzo pag.3) , (Maggio pagg. 4-5), (Luglio pag. 7), (Ottobre pag.6), (Novembre pagg.6-7).
Nel numero precedente, riproponendo quanto Montepiesi scrisse oltre trenta anni fa, abbiamo iniziato con la “Grotta lattaia”, l’insediamento preistorico più famoso della nostra zona. Nelle prime tre puntate fu descritta la principale ragione che permise la vita umana nella nostra zona: le numerose sorgenti di acqua potabile, il clima salubre, l’abbondanza della selvaggina. La Grotta lattaia e la Grotta di Gosto attestano la presenza umana nel paleolitico inferiore, la Grotta dell’Orso e la Grotta del Rospo e i reperti della vetta del Monte Cetona (1969) quella nel neolitico medio e nell’eneolitico e della civiltà appenninica, le necropoli di Solaia quella del periodo villanoviano. Si sviluppa poi la civiltà etrusca con le numerose necropoli del territorio che circonda l’altipiano di Sarteano e che nell’altipiano stesso sono concentrate nella zona delle Pianacce. Molte testimonianze preistoriche sono conservate altrove: le selci del Monte Cetona sono in parte nel Museo Pigorini di Roma; quelle del paleolitico nel Museo di Perugia; quelle dell’eneolitico a Cetona; quelle della Grotta dell’Orso a Firenze e a Pisa… I volontari del Gruppo speleologico e in seguito dell’associazione Archeologica Etruria di Sarteano hanno avuto il merito delle principali scoperte in collaborazione attiva con le competenti autorità, favorendo la nascita e la crescita del nostro importante Museo Etrusco e permettendo di sperare in una prossima nascita del Parco Archeologico delle Pianacce.
Prima che si sviluppasse nelle nostre zone la cosiddetta civiltà “villanoviana” (none derivato dai ritrovamenti nella zona di Villanova nel bolognese) in un periodo databile tra il 2000 e il 1000 a.C., i nostri antenati ci hanno lasciato altre imponenti tracce, sul significato delle quali gli studiosi non hanno ancora potuto dire un parola definitiva. Ci riferiamo ai “castellieri” fra i quali citiamo quello che sovrasta la zona di Belverde, e quello sulla vetta del Monte Cetona (m.1148 s.l.m.). Quest’ultimo venne alla luce nel 1967 durante i lavori per l’erezione della Croce. Sul versante occidentale del cocuzzolo, i resti di un lungo muraglione hanno trattenuto la caduta a valle di numerosi reperti. Serie ricerche furono fatte dall’Istituto di Paletnologia dell’Università di Roma nel 1969. L’abbondanza dei reperti portò alla certezza che si trattava di una popolazione stabile. Uno scavo di m1. X m.1,profondo soltanto 35 cm permise agli studiosi di portare a Roma una notevole quantità di reperti, che furono documentati da un’interessante pubblicazione
Non ci risulta che siano state fatte ricerche approfondite del castelliere che domina la zona di Belverde; l’Avv.Calzoni di Perugia ritenne erroneamente che si trattasse di un o sbarramento per evitare la caduta di pecore, mentre entusiasmò una comitiva guidata dal prof. Mazzeschi di Siena. Un altro probabile insediamento collocabile cronologicamente tra il periodo del bronzo finale e la prima età del ferro è quello di Casa Carletti, scoperto dallo scopritore di Belverde Avv. Calzoni presso la località Cancelli. Calzoni portò alla luce una trincea (che l’estensore di queste note vide con don Giacomo Bersotti verso la fine del 1950) e un bastione di blocchi di pietra con materiale ceramico
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